Il nostro nemico


IL NOSTRO NEMICO È LA PRECARIETÁ

 Dobbiamo dire con chiarezza e senza ambiguità che il nostro nemico è la precarietà nel mondo del lavoro.

            Dall’idea di una flessibilità che colga le esigenze  economiche del mercato alla pratica di una precarietà dei mezzi di sostentamento delle vite delle persone  non possiamo non cogliere l’assurdità di quello che sta avvenendo.

E’ nostro obbiettivo irrinunciabile aumentare la stabilità delle fonti di reddito dei nostri concittadini.

Non bisogna essere grandi economisti per rendersi conto che sulla stabilità di reddito è possibile costruire individualmente e collettivamente una società giusta, libera in definitiva migliore.

L’instabilità che ci viene proposta come ineludibile nell’organizzazione del modello economico non può essere ritenuta come un dato definitivo.

Minare la stabilità delle fonti di reddito significa introdurre elementi di paura nella vita delle persone costringendole ad oscurare le loro prospettive di crescita, in una parola limitare decisamente la loro libertà.

Le vere imprese sono le nostre famiglie, sono le famiglie che investono più di ogni altro, in valore assoluto e relativo, in salute, istruzione, formazione, tutele sociali.

Le famiglie rivestono contemporaneamente il ruolo di risparmiatori, consumatori e lavoratori.

Quando si parla di lavoro flessibile entrano in crisi le “vere imprese” non quelle dei piagnucoloni di risorse pubbliche, quando si ragiona di flessibilità in entrata nel mondo del lavoro ci si rende conto che questo prezzo significa rinviare in maniera indefinita i progetti di vita dei giovani?

Quanto costa alla società una mancata famiglia?

Quanto costa alla società un mancato bambino?

Quanto costa alla società una mancata felicità?

Quando si parla di aumento dell’età lavorativa come si pensa di sostituire l’apporto degli anziani nella vita di ogni famiglia?

Se una persona lavora fino a 70/75 anni si mina il ruolo di nonni che nel nostro sistema sociale è basilare.

L’economia non è una mano invisibile che regola i nostri destini ma siamo noi a regolare l’economia.

Chiamiamo in causa la corretta allocazione delle risorse, la corretta gestione del territorio, il ruolo soffocante  di lobby di potere che ritagliano continue riserve di legge mutilando l’azione dello stato e il nostro futuro, creandosi rendite parassitarie perpetue.

Vogliamo che questi cinque settori siano non solo la priorità di azione ma anche il termometro in base al quale misurare la nostra società: 

  • salute; 
  • sicurezza; 
  • casa; 
  • lavoro; 
  • scuola.

           Su questi settori non accettiamo compromessi, non accettiamo precarietà.

           Non possiamo accettare che una generazione non produca autonomamente il reddito per comprarsi la casa, che intere zone del paese siano sotto il controllo della criminalità organizzata, che in nome della produzione si inquinino le falde acquifere, che le nostre università siano la pensione per potentati baronali.

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